Avete mai ascoltato un turista americano dopo aver addentato un trancio di pizza napoletana?
“Lovely!”

E dopo aver bevuto un espresso?
“Oh, the best coffee in the World!”

E uno spaghetto al pomodoro con quella bella foglia di basilico fresco di un verde brillante?
“Amazing!”

Bene, potremmo star qui all’infinito a parlare di tutti i piatti più famosi della cucina italiana nel mondo: dal tiramisù al cannolo siciliano, dalla lasagna alle orecchiette, ma avete mai provato a pensare davvero alla varietà di piatti regionali che fanno parte della tradizione culinaria del nostro Paese e che sono quasi o del tutto sconosciuti?

Prendiamo la pasta. Facile, direte.
Dalle Dolomiti alle Murge, passando per gli Appenini e la Majella, le cose cambiano, di paese in paese o addirittura di famiglia in famiglia.
A nord si usa la farina 0 o 00 e l’uovo, dal centro al sud, isole comprese, l’uovo se ne va in vacanza (più o meno) e lascia spazio alla semola di grano duro e all’acqua.
Vogliamo parlare dei formati?
Infiniti! E la cosa buffa è che per il resto del mondo, che si tratti di Cavatelli pugliesi o Mallorreddus sardi, di Tajarin piemontesi, Trofie liguri o Spatzle trentini, fa poca differenza, ci guarderanno con espressione convinta e decisa e ci diranno: “Yes, it’s like Noodles!“.

Il bello sarà ritirare i piatti vuoti e chi se ne frega se la scarpetta non si fa, perché quei Pici, erano così buoni che anche gli americani hanno imparato che la bontà di un piatto sta anche nei gesti più semplici e nel lavoro lento e paziente di chi quel piatto lo ha preparato col cuore.

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