Oggi vi presentiamo Paola Paolicelli, 32 anni, Matera
Dall’esperienza a Londra (parliamo di quasi 300 camere al Piccadilly) ho preso tantissimo: dall’attenzione al dettaglio, all’attenzione per gli ospiti; ad esempio mi è capitato che degli ospiti mi hanno chiesto di andare a scegliere con loro l’anello per la proposta di matrimonio.
La tipologia di struttura nella quale lavoravo incentivava proprio questo tipo di attenzioni nei confronti degli ospiti.
Inoltre ho preso proprio le tecniche, la strutturazione del turno, le pratiche di gerarchia e, fondamentale, la divisione dei ruoli.
Quello che io ho visto ad esempio a Londra, che non vedrò mai in Italia, è proprio il fatto di investire sulle persone, che credo sia fattibile anche nelle strutture piccole e dà tanti benefit sia al dipendente che alla struttura stessa nel tempo.
Sono proprio agli antipodi ma una cosa che non vorrei mai di una struttura molto molto grossa è la meccanizzazione del lavoro, il fatto che il check-in debba essere fatto in due minuti quindi devi dare tutte le informazioni lì perché il tempo è quello.
Diventa molto meno personale, diventa vendita di camere, non è quello che faccio io, non vendo camere ma accolgo gli ospiti, quindi creo un’esperienza alla quale partecipo anch’io.
Ah vabbè ero già partita per altre vie, nel senso che avevo provato a lavorare a Matera o comunque in Italia in questo settore, ma purtroppo il turismo in Italia viene sottovalutato in maniera estrema, c0’è gente che dice: ah vabbè quello fa il cameriere che ci vuole, invece no c’è una professionalità dietro che è estrema, e che stimo tantissimo.
Purtroppo in Italia io non riuscivo a vedere una crescita personale e professionale quindi ero già all’estero, siccome mio padre aveva già annusato questa cosa ha cominciato a metterci la pulce nell’orecchio dicendo: ”vabbè io adesso vado in pensione magari proviamo ad aprire qualcosa nei sassi di Matera”, e lì diciamo che ho abbandonato i miei piani di fuga.
Anche perché per me abbandonare Matera era un peccato mortale, nel senso che è una città molto bella, dove si vive bene, però non abbiamo l’università non abbiamo tante cose che permetterebbero ai giovani di restare.
Vedevo delle potenzialità, ma non le vedevo realizzarsi.
Il fatto di poter investire su qualcosa in cui credevo e che era una scommessa mi piaceva.
Anche l’opportunità di dare qualcosa a questa terra che mi ha vista correre i primi passi mi sembrava importante.
Oggi Matera si sta ripopolando di giovani e molti lavorano nel turismo ma ci è voluto Mel Gibson.
Purtroppo è una cosa che nessuno dice ma l’idea di Matera Capitale della Cultura nasce dall’idea di un gruppo di una quindicina di ragazzi che nel 2008, si interrogavano sul destino della città, e hanno cominciato a bussare alle porte della provincia nella Regione Basilicata ma nessuno li ha presi sul serio.
Alla fine sono andati a loro spese a Bruxelles per poter presentare proprio la loro candidatura, poi si è interessata la politica e, 11 anni dopo, quando è finalmente successo nessuno si ricordava dei ragazzi.
Mio padre Filippo ha sempre voluto investire nei sassi e noi lo prendevamo in giro, ma vedeva potenzialità là dove noi ci vergognavamo ancora.
Mio padre è logorroico e va un po’ arginato ma è talmente appassionato della storia dei sassi che ne parlerebbe per ore ed ore.
In realtà è stato davvero visionario perché quando abbiamo comprate le grotte erano davvero messe malissimo.
Appena ho messo piede lì dentro c’era un odore tremendo, per raggiungere alcuni punti ci abbiamo messo settimane, non c’era nulla, e c’era questa sostanza appiccicaticcia e scivolosa nera ovunque e l’unico modo per rimuoverla ,anche dalle pareti, è quello di picchettare ogni centimetro quadrato, un lavoro epico.
Io ero in Spagna nel periodo centrale della della ristrutturazione qui c’era mio fratello Francesco che faceva le mie veci.
C’erano questi architetti che ci proponevano ristrutturazioni, arredamenti, allestimenti che erano proprio fuori dalla nostra idea.
Noi volevamo prima di tutto portare anche nell’arredamento il rispetto per per le grotte.
L’ambiente che ci ha accolto e continua ad accoglierci tutti i giorni ce lo hanno donato i nostri avi, non bisogna mai dimenticare che, come tutte le cose belle, sono frutto di sofferenze.
Noi ristrutturando abbiamo aggiunto le vasche da bagno e tutti i confort però senza snaturare proprio l’essenza e l’identità di queste grotte.
Le famiglie un tempo vivevano in questi ambienti tremendi, in parte naturali in parte scavati a mano, non c’era elettricità, non c’era acqua, c’era il letamaio come fonte di calore, vivevano con gli animali.
Vivevano senza acqua corrente e quindi genialmente scavavano queste cisterne di acqua per la raccolta dell’acqua piovana, tutta una serie di elementi che noi abbiamo lasciato.
Ci sono delle stanze dove si vede proprio la storia di chi ci ha vissuto qui.
Nella stanza più grande, che sarà circa 90 metri quadri, ci sono tutti gli elementi delle della “casa grotta” che abbiamo conservato cambiando destinazione d’uso.
Il salottino l’abbiamo ricavato dalla stalla, la cantina dove producevano e conservavano il vino attualmente invece è una zona relax con una vasca, la cisterna l’abbiamo resa una cabina armadio.
Me ne ha parlato un’amica e mi sembrava ci rispecchiasse molto, ma quello quello che mi ha sorpreso e mi ha stupito è stato proprio il fatto che strutture che sono così lontane che hanno interessi così disparati riescano ad organizzarsi e a fare tutto in autonomia, pensare che non viviate nello stesso condominio è impressionante!